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Progetto Galileo: alla scoperta di civiltà extraterrestri

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Progetto Galileo dell’Università di Harvard: alla ricerca di tracce di tecnologia extraterrestre nello spazio con l’aiuto di decine di telescopi, a partire dal misterioso oggetto interstellare Oumuamua.

L’obiettivo del progetto è quello di cercare sia possibili firme tecnologiche che prove di specie aliene. Nelle ultime due settimane, il progetto ha ricevuto donazioni per un totale di 1,755 milioni di dollari.

“La scienza non dovrebbe rifiutare potenziali spiegazioni extraterrestri a causa dello stigma sociale o delle preferenze culturali che non favoriscono il metodo scientifico di un’indagine empirica imparziale. Ora dobbiamo osare guardare attraverso nuovi telescopi, sia letteralmente che figurativamente” – ha dichiarato Loeb, uno dei fondatori dell’iniziativa.

“Data l’abbondanza di sistemi Terra-Sole recentemente scoperti, questo studio intende ricordare agli esseri umani che non possono più ignorare la possibile esistenza di civiltà tecnologiche extraterrestri“. Queste sono le parole con le quali il team di scienziati ha presentato il progetto Galileo.

Galileo – lo ricordiamo – è il sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) dell’Unione europea progettato per inviare segnali radio per il posizionamento, la navigazione e la misurazione del tempo. La sua entrata in servizio è stata il 15 dicembre 2016.

Progetto Galileo indagherà sugli avvistamenti e sull’oggetto interstellare Oumuamua

Il sistema Galileo è stato progettato per far progredire la ricerca da parte dell’umanità verso oggetti provenienti da civiltà tecnologiche extraterrestri. Fondatori dell’iniziativa sono l’astrofisico di Harvard Avi Loeb e Frank Laukien, presidente e CEO di Bruker Corp., una società che sviluppa e produce apparecchiature scientifiche.

I ricercatori sperano quindi di far luce sui fenomeni extraterrestri seguendo tre obiettivi: ottenere immagini ad alta risoluzione di UAP, condurre ricerche approfondite su oggetti interstellari simili a Oumuamua, e cercare potenziali artefatti provenienti da civiltà tecnologiche extraterrestri.

L’impresa farà riferimento solo a spiegazioni fisiche note e analizzerà i dati raccolti nell’ambito del programma Galileo. Non tenterà dunque di speculare su precedenti UAP, presunte osservazioni o rapporti informali.

“Possiamo forse dedurre la natura di questi oggetti non identificati. Potrebbe essere un fenomeno atmosferico o qualche altra origine che ha una spiegazione banale, ma vogliamo capirlo. Vogliamo dissipare la nebbia attraverso un’analisi trasparente e scientifica assemblando i nostri dati, non dati basati su sensori di proprietà del governo, perché la maggior parte di quei dati è secretata“ – ha infine dichiarato Loeb in conferenza stampa.

Decine di telescopi che puntano allo spazio

Attualmente, il progetto mira a creare decine di sistemi di telescopi in tutto il mondo, ognuno dei quali sarà composto da circa due telescopi da 10 pollici  – 25 centimetri – con una fotocamera che sia adatta a catturare oggetti di interesse, collegati ad un sistema informatico che filtrerà i dati.

Il team lavorerà anche per sviluppare un software che analizzerà i dati raccolti dal Vera Rubin Observatory, che dovrebbe essere operativo nel 2023.

Il Progetto Galileo è stato paragonato al lavoro dell’astronomo italiano Galileo Galilei, le cui scoperte rivoluzionarie hanno fatto sì che ci fosse un cambio di visione da parte dell’umanità nei confronti dell’universo.

L’importanza delle potenziali scoperte di prove scientifiche rigorosamente convalidate della tecnologia extraterrestre potrebbe essere simile nell’impatto sull’astronomia e sulla nostra visione del mondo come è stato l’uso pionieristico dei telescopi per le osservazioni astronomiche da parte di Galileo” – hanno infatti affermato i membri del progetto Galileo sul sito web del progetto.

Il Progetto Galileo è finanziato da donazioni e impegni di vari singoli e fondazioni.

Foto di Kendall Hoopes da Pexels