Home Innovazione App Memex, il racconto di chi rischia l’esclusione sociale

App Memex, il racconto di chi rischia l’esclusione sociale

app memex

L’App Memex è stata presentata alla Maker Faire di Roma – il più grande evento europeo di innovazione – ed è frutto di un progetto europeo di 3 anni coordinato dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Dall’8 al 10 ottobre, presso lo stand del Cini, sono state presentate alcune funzionalità dell’app.

Memex (Memories and Experiences for inclusive digital storytelling) ha avuto inizio a fine 2019, finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020.

L’obiettivo è quello di permettere a persone socialmente fragili di narrare la propria esperienza di vita mediante l’utilizzo di strumenti digitali.

Le prime città europee a cui dedicare questo progetto di inclusione sono: Parigi, Barcellona e Lisbona.

App Memex: in cosa consiste?

Gli sviluppatori di Memex hanno creato un’app che permette agli utenti di creare e condividere storie, pensieri, ricordi, emozioni, nella forma che più si preferisce.

Le persone sono infatti libere di scegliere se scrivere, ad esempio in poesia, oppure utilizzare contenuti multimediali quali foto, video o audio vocali.

Una volta caricato il contenuto nel formato scelto, l’app permette poi di geolocalizzarlo e di individuare un sito o un bene del patrimonio culturale presente in quella zona, in modo da poter aggiungere altro contenuto all’esperienza raccontata.

Alessio Del Bue – coordinatore del progetto europeo e a capo del laboratorio Pavis All’Iit di Genova – ha spiegato: “Al momento Memex permette di creare un semplice modello 3D di oggetti presenti nella scena, di associare dei contenuti inseriti dall’utente a ciascun oggetto e di visualizzare quei contenuti in modalità di realtà aumentata“.

Nei prossimi mesi verranno introdotte anche nuove funzionalità che consentiranno di visualizzare le storie con la realtà aumentata attraverso un’integrazione di Knoledge Graph, che coinvolgerà gli utenti nella creazione di storie più vivaci.

Condividere per includere

L’app Memex permette dunque di raccontare le proprie storie di vita utilizzando la realtà aumentata e le informazioni del patrimonio culturale circostante.

Ad oggi, i 34 i soggetti coinvolti nel progetto – di età compresa tra i 30 e gli 80 anni – hanno creato 31 storie per la prima versione dell’app presentata a Roma.

Tutti i partecipanti hanno infatti prodotto una storia mentre testavano le attuali funzionalità dell’app, supportati e guidati durante l’intero processo grazie a speciali metodologie create ad hoc per il progetto da Eccom-Centro Europeo per l’Organizzazione e il Management Culturale.

A Lisbona, ad esempio, i partner di progetto Interactive Technologies Institute-Larsys – in collaborazione con Mapa das Ideias e Instituto Marquês de Valle Flôr – hanno invitato giovani migranti ad usare l’app per raccontarsi.

Grazie a ciò, è stato possibile definire un elenco di requisiti e specifiche tecniche dell’app, che sono state testate con donne migranti a Barcellona e con gli abitanti del Quartiere XIX a Parigi.

Inoltre, per quelli che non avevano molta dimestichezza con la tecnologia, alcuni facilitatori li hanno aiutati a sentirsi più a loro agio durante il percorso.

Il risultato consiste dunque in un insieme di contributi a cui si può accedere tramite un elenco che filtra le storie per categorie e titolo, oppure attraverso una mappa che mostra la posizione specifica di ciascun racconto, permettendo così di trovare determinati punti di interesse.

Il progetto Memex è coordinato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Italia) ed il consorzio di progetto è composto da: Università Ca’ Foscari Venezia (Italia), EY (Italia), Eccom (Italia), Cnrs – Centre National de Recherche Scientifique (Francia), Interactive Technologies Institute – Larsys (Portogallo), Michael Culture Association (Belgio), Dédale (Francia), Interarts (Spagna), Noho (Irlanda), Mapa das Ideias (Portogallo).

L’obiettivo finale resta quello di rendere note e ben visibili le storie di persone a rischio di esclusione sociale.

Photo cover credit: interarts.net